Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA &
ROBERTO COLONNA)
NOTE E NOTIZIE -
Anno XX – 20 maggio 2023.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia
del testo: BREVI INFORMAZIONI]
Un
mini soft robot a forma di fiore per monitorare e trattare il cervello. Per il monitoraggio ECG e il
trattamento di foci epilettici, invece dell’invasiva chirurgia di asportazione
di un tassello osseo della volta cranica con inserimento di elettrodi
metallici, sarà possibile attraverso un forellino inserire un minuscolo e leggero
dispositivo di materiale flessibile. Il soft robot è costituito da un hub
centrale circondato da sei petali-sensori morbidi, che si aprono sulla
corteccia grazie a una soluzione salina iniettata nell’hub. Il mini soft
robot può inibire le crisi prima dell’esordio, stimolare aree danneggiate da
ictus o fungere da interfaccia cervello/macchina per controllare dispositivi. [Fonte:
Science Robotics, May 10,
2023].
Depressione:
assunzione di alimenti ultra-elaborati associata a distress depressivo. Uno studio longitudinale su un
campione di 23.299 persone, collegato al Melbourne Collaborative Cohort Study (MCCS), ha rilevato che le persone che
assumevano regolarmente alimenti industriali ultra-elaborati per circa il 30%
della dieta, dopo 15 anni avevano un elevato livello di distress
psicologico indicatore di depressione. [Lane M. M. et al., J of Aff Disord. 335, 57-66, 2023].
Negli
USA picco di decessi in ragazzi e adolescenti per fentanile
assunto come droga.
Oppioide antagonista dei recettori μ, il fentanile
(fentanyl) fu sintetizzato da Paul Janssen nel
1960, introdotto subito in anestesiologia, da oltre mezzo secolo è prescritto
come analgesico. “Scoperto” come droga dai trafficanti per la sua efficacia da
30 a 50 volte maggiore dell’eroina, è diventato una piaga negli USA e in molti
altri paesi. La dose letale è molto più bassa di quella dei comuni composti
oppioidi psicotropi d’abuso. Dal 2018 al 2021 i decessi per fentanile
nei ragazzi di meno di 20 anni sono quadruplicati, superando i 1500, e questa
tendenza in crescita continua, come ha documentato Julie Gaither
della Yale School of Medicine.
Noi
segnaliamo questo dato perché le autorità italiane preposte possano esercitare
un’efficace prevenzione, attraverso una rigorosa sorveglianza sul commercio
illegale del farmaco e sulla diffusione di disinformazione in rete e nelle
scuole. [Fonte: Yale University, May 2023].
Intelligenza
Artificiale (AI) nel Parkinson per la diagnosi dei disturbi del linguaggio. Nella malattia di Parkinson, oltre
alla disartria, si rilevano numerosi altri problemi connessi con la fisiologia
del linguaggio verbale, non facili da diagnosticare e di cui non sono noti i
meccanismi fisiopatologici. Katsunori Yokoi e colleghi hanno studiato 53 affetti da Parkinson con
cognizione normale e 53 sani di controllo usando MLA (machine learning algorithms) per identificare le caratteristiche dell’eloquio
nella conversazione spontanea, e così isolando 37 elementi tipici, e impiegando
un modello di SVM (support vector machine)
sottoposto a training. Gli affetti da Parkinson rispetto ai sani
presentavano un tasso più elevato di verbi e un tasso più basso di nomi comuni,
così come un minor numero di pronunce corrette di nomi e di espressioni “riempitive”.
Yokoi e colleghi intendono impiegare questo sistema nella
ricerca sui meccanismi dei disturbi. [Cfr. Parkinsonism and Related Disorders – AOP doi: 10.1016/j.parkreldis.2023.105411,
2023].
Un chemioterapico può entrare nel
cervello grazie a una tecnologia ultrasonica.
Una tecnica che consente l’apertura temporanea della barriera emato-encefalica
(BEE) permette di usare efficaci chemioterapici. Sperimentata per il
trattamento del glioblastoma ma impiegabile anche per altri tumori cerebrali, la
procedura prevede l’iniezione di microbolle per 30 secondi e il simultaneo
invio di ultrasuoni per circa 5 minuti; dopo che le onde hanno raggiunto la
regione cerebrale contenente il tumore, si procede a un’iniezione intravenosa
per 30 minuti di paclitaxel, un potente
chemioterapico che ordinariamente non si può usare perché non attraversa la BEE.
[Cfr. Sonabend A. M., et
al. The Lancet Oncology – AOP doi: 10.1016/S1470-2045(23)00112-2, 2023].
COVID-19:
monitorate le varianti all’aeroporto di San Francisco su tutti gli aerei. L’esame virologico molecolare su
campioni dell’acqua di scarico della toilette di ciascun aereo sarà praticato
all’International Airport di San Francisco (SFO) secondo un programma dei
Centers for Disease Control and Prevention
(CDC) di monitoraggio delle nuove varianti di SARS-CoV-2, incluse quelle non
ancora individuate nei paesi di provenienza dei viaggiatori. La ricerca dell’RNA
del coronavirus negli scarichi si pratica dal 2020. SFO è il primo aeroporto
internazionale ad attuare questo tipo di screening, da noi suggerito in
Italia fin dal 2021 sulla base dell’efficacia dimostrata in Cina dall’esame
delle acque di scarico. [Fonte: SFO e BM&L-International, May, 2023].
Primo
vaccino della storia anti RSV approvato dalla FDA. Il virus respiratorio sinciziale (RSV)
che molti anni fa causò anche in Italia, a Napoli in particolare, la morte di
tanti lattanti per una sindrome respiratoria acuta chiamata dai media “male
oscuro”, oggi preoccupa maggiormente le persone dai 60 anni in su. Negli USA
ogni anno dai 6.000 ai 10.000 anziani ospedalizzati per malattia da RSV (60.000-160.000)
muore, costituendo così anche una causa di ansia e di aggravamento di disturbi
da stress negli anziani. Arexvy, primo vaccino
contro RSV, è stato approvato dalla FDA per l’immunizzazione di persone dai 60
anni in su. Il grado di protezione è molto alto. [Fonte: USA Food and Drug
Administration, May, 2023].
Scoperta
sull’Isola di Kangaroo una formica che si finge morta. L’Isola dei Canguri o Isola
Canguro o Kangaroo Island è la terza isola australiana
dopo Tasmania e Melville, considerata un paradiso naturalistico, perché gli
ambienti naturali sono preservati in più di metà della superficie e un terzo del
territorio è costituito da Parchi Nazionali; vi si incontrano koala,
ornitorinchi, canguri, i piccoli marsupiali detti wallaby, opossum, leoni
marini, echidne, aquile, pipistrelli, conigli, volpi, rane, ecc.
La
professoressa S. “Topa” Petit, studiando nidi di pipistrelli e di pygmy-possum (Burramidi,
famiglia di marsupiali nota come opossum pigmeo), per il progetto Kangaroo Island Nest Box Project,
ha trovato per caso una colonia di formiche della specie Polyrachis
femorata in apparenza morte, fino a quando, d’improvviso,
tutta la colonia si è rianimata. La Petit ha dichiarato che la simulazione era
assolutamente perfetta e impossibile da immaginare: si conosce il comportamento
di immobilizzazione individuale, ma nessuno aveva mai visto prima un’intera
colonia apparentemente morta prendere vita.
Il
motivo di questo comportamento, ragionevolmente considerato dalla Petit una
strategia per sfuggire ai predatori, in realtà non si conosce; noi possiamo facilmente
inferire l’esistenza di uno schema funzionale reversibile del sistema nervoso
dell’insetto, in grado di essere evocato in massa mediante una segnalazione. Alla
University of South Australia si ipotizza un collegamento di questa “finzione”
con i frequenti incendi boschivi del luogo. [Fonte:
University of South Australia, BM&L-International, May, 2023].
Una
bias psicologica fa commettere un errore nell’interpretazione degli
oracoli cinesi.
La branca degli studi linguistici che si occupa della scrittura dedica studi
specifici alla scrittura rivelatrice, ovvero alle pratiche divinatorie
esercitate per mezzo di notazioni verbografiche
consistenti in unità grafemiche, parole, frasi o testi veri e propri. In molte
forme di divinazione il responso è già predisposto dal consultante, ma deve
essere interpretato. È questo il caso della consultazione delle ossa oracolari
cinesi dette “ossa di drago”, praticata nel II secolo e giunta fino a noi
grazie all’etnia non cinese dei Naxi. Costoro
incidevano delle domande sulla superficie levigata di piastre di tartaruga o
scapole bovine od ovine, poi le esponevano al fuoco e, dalle screpolature
prodotte dal calore, traevano il responso. Le frasi sono semplici e si
intendevano rivolte ad antenati della persona per conto della quale si divinava
o a divinità maggiori e minori; la tecnica è costituita dalla formulazione di una
coppia di domande antitetiche, ad esempio il divinatore Zheng chiede: “Domani
pioverà?”, “Domani non pioverà?”.
Nel
tentativo di comprendere la ragione di questo procedere, trattandosi di una tradizione
cinese, si è invocata la coppia dei principi opposti e complementari, lo yin
e lo yang, tipici del Taoismo e della religione cinese Han, ossia dell’etnia
che costituisce il 20% della popolazione mondiale. Ma ci si è fatti influenzare
da una bias psicologica, che in questo caso ha operato come un
preconcetto inconscio, sia nei proponenti che in tutti coloro che hanno
accettato la spiegazione. Ma, a ben vedere, la prima frase non è l’opposto
della seconda, è piuttosto la sua conversa: non si tratta di proposizioni
opposte ma di converse.
Rimosso
l’ostacolo di “yin e yang” alla riflessione cosciente, è apparso
chiaro che le due formulazioni costituivano una misura di sicurezza per evitare
il rischio di ambiguità. Questa interpretazione logica è confermata dall’esistenza
di altre antiche pratiche oracolari basate su due formulazioni di una
possibilità: una in positivo e l’altra in negativo; prima fra tutte, la Pittakia – nome greco-copto di un rito divinatorio
egizio – in cui si usavano come supporti due foglietti recanti due enunciati in
antitesi. [BM&L-Italia, maggio 2023].
La
scrittura aramaica conteneva soluzioni di cognizione linguistica poi imitate
nella storia.
La lingua aramaica tra il 300 a.C. e il 650 d.C., come prima o seconda lingua,
copre un’area geografica di oltre 600.000 Km2 estesa dall’Egitto all’India
e, verso il nord, fino all’Armenia e alla Georgia. Dal paese di Aramu nell’alta
Mesopotamia, la lingua degli ’rm o
Aramei si diffonde come lingua veicolare o ufficiale sostituendo nell’uso
pubblico l’accadico, il fenicio e l’ebraico, e contrastando il greco in molte
aree. Gli storici hanno dedotto che Gesù Cristo predicasse per lo più in
aramaico, lingua intesa e usata da tutti i popoli mediorientali.
Ancor
più della lingua parlata, si diffuse la scrittura aramaica. Non si sa bene se l’uso
dell’idioma orale abbia fatto da traino all’impiego scritto o viceversa, ma è
certo che la semplicità grafica e la struttura aperta siano stati fattori decisivi
per il successo riscosso dall’adozione. Non meraviglia, dunque, che numerose
lingue antiche ci siano giunte nella scrittura aramaica.
Gli
scribi di aramaico si sono posti il problema della lettura assembleare dei testi
scritti. Basti pensare che in Ebraico e in molte altre lingue dell’epoca i
testi erano vergati in scriptio continua, con le sole consonanti, senza
le vocali che si davano per implicite, e senza spazi tra le parole; dunque, la
lettura di uno scritto in assemblea comportava che il testo fosse letteralmente
decifrato e studiato in precedenza. Gli scribi di aramaico introdussero un’innovazione
di notevole portata: sopra e sotto la riga di testo venivano annotati, con
segni di dimensioni minori, elementi capaci di caratterizzare e disambiguare le
unità verbo-grafiche.
Quando
i Masoreti, per l’edizione del testo ebraico della Bibbia introdussero con la
puntuazione le vocali, non fecero altro che applicare una soluzione consolidata
nella scrittura aramaica. Anche la notazione delle vocali nella scrittura
siriaca è imitazione di quella aramaica[1]; così il sistema della scrittura
araba per segnare le vocali e la consonante raddoppiata o non vocalizzata viene
dall’aramaico. Cronologicamente, si vede che i principi e la tecnica di
notazione aramaica si diffondono parallelamente al diffondersi del modello
aramaico: nella scrittura uigura e in altre centroasiatiche, in quella tibetana
e, secondo Giorgio Cardona, anche nella scrittura giapponese l’origine del nigori per segnare consonanti sonore e accenti aveva
provenienza aramaica[2]. Si fa risalire la modificazione della
pronuncia di una vocale nelle lingue moderne con l’aggiunta di un segno, come l’Umlaut
del tedesco (ö, ü), a quell’aggiunta di una piccolissima vocale sovrapposta al
grafema principale della scrittura aramaica[3]. [BM&L-Italia, maggio 2023].
La mente medievale alle origini del
mentale moderno e contemporaneo (XVII) è una tematica
che stiamo sviluppando al Seminario sull’Arte del Vivere (v. Note e Notizie 21-01-23
Notule; Note e Notizie 28-01-23 Notule; Note e Notizie 04-02-23 Notule; Note e Notizie
11-02-23 Notule; Note e Notizie 18-02-23 Notule; Note e Notizie 25-02-23 Notule;
Note e Notizie 04-03-23 Notule; Note e Notizie 11-03-23; Note e Notizie 18-03-23
Notule; Note e Notizie 25-03-23 Notule; Note e Notizie 01-04-23 Notule; Note e
Notizie 15-04-23; Note e Notizie 22-04-23; Note e Notizie 29-04-23; Note e Notizie
06-05-23; Note e Notizie 13-05-23) per spunti settimanali di riflessione e discussione:
qui di seguito si riportano quelli del diciassettesimo incontro.
Il fuoco del desiderio e l’incendio quale immagine della
Geenna infernale costituiscono i due estremi diabolici della fiamma, che nell’immaginario
medievale mitteleuropeo non sembrano compensati da figure e significati positivi,
quali l’ardere di fede e il calore del focolare domestico, così presenti negli
scritti e nei pensieri dei popoli della penisola italiana. Di positivo,
analizzando i documenti, si reperisce il valore purificatore del fuoco, quale
evidente meccanismo inconscio di razionalizzazione compensativa, coscientemente
ispirata a un’interpretazione catartica della distruttività, secondo lo stile
del pensiero ebraico veterotestamentario, e apparentemente convergente con alcune
forme di lettura magico-superstiziosa tipica del sostrato germanico.
Impressiona la lettura della frequente distruzione
di città per effetto di giganteschi e spaventosi incendi, o per episodi
ripetuti in cui venivano dati alle fiamme quartieri di una città: “…per esempio
Tours, spesso preda di incendi, o Orleans nel 580, o Bourges nel 584, o Parigi
nel 585”.
Il dar fuoco e l’incendiare costituiva un’arma
tipica delle popolazioni barbare, sia in azioni belliche che delinquenziali; un
costume condannato senza appello dai Romani, che lo consideravano un disonore
ingiustificabile per un soldato, in quanto dimostrazione di vigliaccheria e
slealtà, e un’aggravante abominevole di altri reati. Ma, nonostante l’appiccare
le fiamme avesse antica radice fra Franchi, Burgundi e Goti di altre
provenienze, nel Medioevo presso quei popoli esisteva anche una paura
superstiziosa di forze soprannaturali in grado di incenerire le persone, le
loro case, le loro terre e il loro bestiame perché invisi alla vista occulta di
qualche divinità. La concezione cristiana è diametralmente opposta: Gesù spiega
a coloro che credevano come i farisei che le disgrazie fossero una punizione di
Dio, che sono in errore e, citando il caso delle persone morte per il crollo di
una torre, chiede: “O quei diciotto sui quali rovinò la Torre di Siloe e li
uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?
No, vi dico…”.
Dunque, deve esservi stata un’influenza di cultura e
sottocultura locale anche sulle persone di fede cristiana, visto che si legge: “Sia
i Gallo-Romani che i cristiani consideravano le città in preda al fuoco […]
senz’altro come delle colpevoli punite per le proprie colpe, o addirittura
distrutte dal demonio”[4].
Sappiamo da antiche fonti che a Parigi circolava la
voce che gli incendi erano cominciati quando erano andati distrutti due idoli, uno
simile a un serpente, l’altro a un ghiro, nascosti nel sottosuolo, un antro nelle
viscere della città. Gregorio di Tours scrive che, “pulendo le fogne, «erano
stati eliminati un serpente e un ghiro di bronzo, lì trovati, che in qualche
modo fino a quel momento avevano protetto la città»”[5].
Michel Rouche interpreta
questi due idoli pagani come simboli apotropaici, ossia come amuleti investiti
dal pensiero superstizioso di un potere magico. In ogni caso, il pericolo degli
incendi dolosi, cui si aggiungevano i rarissimi casi di combustione da fulmini,
esisteva come minaccia pendente sulla vita delle città e dei cittadini e,
quindi, non meraviglia che, non potendo identificare un’origine e combatterla,
non rimaneva che pregare e affidarsi all’aiuto divino.
Per proteggere la casa dagli incendi, molti vi si sistemano
sopra, in bella vista, un simbolo di croce o di “t” greca, tanti secoli
prima che diventi croce francescana, e all’interno molti espongono immagini di
San Martino, mentre coloro che hanno maggiori possibilità allestiscono degli
altarini domestici sui quali pongono in un’urna una reliquia di un santo acquistata
in una città italiana. Gregorio di Tours racconta: “Una volta che la città di
Bordeaux era in preda a un violento incendio, la casa del Siriano Eufron, benché circondata dalle fiamme, non fu minimamente
danneggiata, e questo perché egli aveva collocato su un muro l’osso di un dito
di San Sergio”[6].
I cristiani non avevano molte altre possibilità che sperare
nel soprannaturale per proteggersi dagli incendi perché, se i Romani
consideravano appiccare il fuoco un’ignobile e disonorevole viltà, una
spregevole bassezza che portava a considerare il responsabile indegno dell’appellativo
di “vir”, uomo[7], i
Franchi “includevano gli incendi fra le manifestazioni dell’aggressività
maschile, come uno degli espedienti propri dell’uomo. Non dimentichiamo che nei
cimiteri merovingi talvolta l’uomo veniva seppellito con il suo acciarino: un
anello di ferro ovale attaccato alla cintura; aperto su di un lato era
possibile passarlo attorno alle dita della mano e, strofinato con forza contro delle
pietre di selce, serviva ad accendere il fuoco. Talvolta, strette nelle mani
dei morti, si trovano ancora alcune di queste selci intagliate”[8].
In Europa esisteva, dunque, una vera e propria
differenza antropologica nel rapporto col fuoco, emersa dagli studi condotti
nell’ambito del progetto di ricerca sulla vita privata dall’Impero Romano all’Anno
Mille diretto da Philippe Ariès e Georges Duby[9].
Seguendo la traccia degli acciarini nelle mani dei
defunti, si è risaliti a un uso arcaico dei Franchi, probabilmente risalente ad
un’epoca nomadica dei loro predecessori, costituito da una tecnica per generare
fuoco al bisogno in qualsiasi luogo, recando seco l’occorrente. Gli antropologi
hanno denominato convenzionalmente questa pratica, detta dai Franchi nodfyr, “fuoco di necessità”: virtualmente ogni uomo
in uscita, in viaggio, alla ricerca di cibo o in guerra, si dotava dell’occorrente
per accendere il fuoco, per ogni necessità, dal bisogno alimentare all’esigenza
di bruciare la vegetazione per aprire varchi e tracciare sentieri nei boschi.
Ecco come Rouche illustra il nodfyr:
“Un bastone di legno ben asciutto e duro veniva fatto girare vorticosamente
mediante una cordicella su una placchetta di legno tenero, anch’esso ben secco:
il che, alla lunga, provocava l’accumularsi del calore in un punto, che ben
presto diventava rosso e dava origine quindi alla fiamma”[10]. Come si
può facilmente immaginare, in epoca cristiana questa pratica era stata protetta
dal rischio di essere dismessa circondandola di significati esoterici e di
valore magico: la tradizione orale franca voleva che gli dei del politeismo di
sostrato preromano avevano fatto dono agli uomini del “segreto del fuoco”, insegnando
loro questo rito magico (così era intesa la tecnica), e dunque concedendo agli
uomini una parte del loro potere soprannaturale. I Franchi consideravano molto
seriamente questa tradizione, tanto da tenerla viva ancora quattrocento anni
dopo Costantino, verosimilmente quale metonimia di tutto quel mondo arcaico di
religiosità germanica, cui molti di loro sentivano di appartenere.
La Chiesa aveva compreso il collegamento tra i
frequenti e catastrofici incendi e la cultura di sostrato, così come si era
resa conto della necessità di portare alla coscienza collettiva la realtà di
azioni criminali di singoli fatte passare per la volontà di oscure divinità potenti
e vendicative. L’alone di mistero, alimentato ad arte dai maghi che praticavano
macabri riti occulti, teneva soggiogato nella paura il popolo, serrandogli la
bocca quando era testimone di atti incendiari. Nel Concilio di Leptines del 744 il nodfyr,
quale pratica magica, fu condannato dalla Chiesa, ma senza alcun effetto,
perché godeva della protezione della maggioranza. [BM&L-Italia, maggio 2023].
Notule
BM&L-20 maggio 2023
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La
Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International
Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale
94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Punti fino all’VIII secolo e,
dopo, piccole letterine dell’alfabeto greco.
[2] Cfr. Giorgio Raimondo Cardona, Storia
Universale della Scrittura, p. 157, CDE (su lic.
Arnoldo Mondadori Editore), Milano 1987.
[3] Cfr. Giorgio Raimondo Cardona,
op. cit., pp. 157-158.
[4] Michel Rouche,
L’Alto Medioevo occidentale in La vita privata dall’Impero romano all’anno
Mille (a cura di Philippe Ariès & Georges Duby) p. 376, CDE (su licenza G. Laterza e figli) Milano
1986. In termini di psicologia collettiva, questa forma di razionalizzazione
tende ad allontanare l’attenzione dall’identità degli incendiari.
[5] Michel Rouche,
op. cit., p. 376: la citazione è tratta da un’opera in latino di Gregorio di Tours,
che noi abbiamo in un’edizione italiana con testo originale a fronte: Gregorio
di Tours, La storia dei Franchi, a cura di M. Oldoni, 2 voll., Milano
1982.
[6] Gregorio di Tours, La storia
dei Franchi, a cura di M. Oldoni, cit. in Michel Rouche,
op. cit., p. 376.
[7] Qualche storico ha avanzato l’ipotesi
che la severità dei Romani con gli incendiari risalisse all’incendio di Roma da
parte di Nerone.
[8]
Michel Rouche,
op. cit., pp. 376-377.
[9] Lo abbiamo illustrato in altre
circostanze; qui ricordiamo che a quel progetto, che ha prodotto materiali
inediti dal tempo di Cesare e Augusto a dopo Carlomagno, lavorarono Peter
Brown, Evelyne Patlagean, Yvon Thébert, Paul Veyne e Michel
Rouche, autore del saggio che ha costituito il
principale riferimento per le nostre riflessioni in questo incontro.